domenica 22 febbraio 2015

Casette di legno da giardino a tetto piano


Le casette di legno da giardino rappresentano una novità molto appetibile per quanto riguarda il concetto di garden loft. Oggi vi presentiamo il modello di casetta in legno da giardino di design a tetto piano. Si tratta di un modello esclusivo e di alto livello qualitativo, costruito con materiali pregiati quali il legno massello di abete nordico, mentre gli spigoli della casetta sono rinforzati con profili a-l di alluminio, che servono per rendere l’abitazione di uso esterno più solida, robusta e confortevole.

Questo particolare tipo di casetta in legno è dotata di una porta finestrata, che è sicuramente uno dei suoi punti focali caratteristici che donano grande impatto estetico e comodità a chi ne fa utilizzo. La soglia viene realizzata con un rinforzo in alluminio, per renderla più resistente al tempo e alle intemperie. Una finestra di servizio completa l’abitazione rendendola maggiormente funzionale e duttile.

Le caratteristiche principali di una casetta di legno da giardino, modello Ventotene sistema Massive, e rinforzata in alluminio, sono molteplici. Il suo utilizzo è ideale per numerosi scopi, e la sua robustezza conferisce sicurezza, comfort e praticità. Potete usarla come ripostiglio da giardino, capanno porta attrezzi, casa da giochi per bimbi, vano lavanderia, casetta relax. Grazie alla moderna ed elevata efficienza energetica è possibile usarla anche in inverno.

Si tratta di un prodotto realizzato in maniera esclusiva secondo i criteri di produzione scandinava, leader da sempre nel settore delle casette di legno di qualità. Queste casette vengono consegnati direttamente a casa del cliente e montati dalla nostra squadra di maestri-artigiani italiani, esperti nel montaggio e nella manutenzione.

lunedì 21 luglio 2014

Simona Silipo: incontro con un' art performer

Simona Silipo: incontro con un' art performer

Simona Silipo è nata a Cariati in provincia di Cosenza il 2-2-1982, e se qualcuno non l'avesse notato il due è un numero ricorrente nella sua vita. Come direbbe anche Carl Jung.

In occasione della mostra fotografica avvenuta lo scorso 11 luglio abbiamo fatto quattro chiacchiere, ma essendo due nati sotto il segno dell'acquario quello che è uscito fuori è qualcosa di non convenzionale e anomalo, come era lecito aspettarsi.

(D) Shakespeare diceva che Il corpo è come un giardino, e la mente è il suo giardiniere. Sta a noi decidere se in esso piantarvi orchidee o lattuga. Tu ti senti più orchidea o lattuga.
(R) La lattuga da nutrimento al corpo ma l'orchidea ai sensi...quindi...orchidea.

(D) Ti senti di nutrire i tuoi sensi o quelli degli altri? (attraverso questi scatti)
(R) Tutti i sensi in tutti i sensi. Per te ha senso?
(D) Osservando le tue foto mi torna in mente un libro di Paul Auster in cui il protagonista scattava con perizia ogni giorno una foto nello stesso punto della strada. Anche tu scatti ogni giorno una foto utilizzando un’ altra prospettiva e un altro mezzo espressivo o soggetto: te stessa. Come nasce questa esigenza e perché?
(R) E' un percorso iniziato tempo fa che si protrae sistematicamente per osservare evoluzioni e involuzioni dell'essere.
(D) Dove ti ha condotto questo percorso? (e non dirmi al vintage zone!)
(R) (Simona ride, per via della mia battuta)
Parte da una figura emblematica: mani che si arrampicano su di un muro. Questo scatto richiama un famoso video estrapolato da The Wall dei Pink Floyd "Is there anybody out there" ( stesso titolo dell’istantanea) che richiama il bisogno di superare i nostri limiti, quel maledetto muro che troppo spesso siamo noi per noi stessi. Andare al di là per vedere se effettivamente... c'è "qualcuno" lì fuori:la parte di noi che è al di sopra di ogni confine con se stessi e con gli altri.

(Considerazione)
Ecco che ritorna il due e il dualismo, segno caratteristico del personaggio e della personalità vibrante e vitale di Simona.

(R) Il percorso si espande fino ad arrivare a dei piedi visti dall'alto: il muro è stato scavalcato e davanti una strada che lascia presupporre l'infinito. E il cammino verso l'infinito viene intervallato da tutti i possibili tentativi di osare: è il coraggio nel mostrarsi in tutte le proprie sfaccettature.
Non è solo un percorso personale,anzi, a dispetto del nome della mostra, non ha niente di personale davvero. Non si tratta puramente di espressione narcisistica per quanto ve ne sia una componente non di poco conto. E’ il cammino interminabile di una donna vista nei termini di essere umano, nella sua dualità, tra vizi e virtù.
Quindi anche un uomo può trovare in quegli scatti (a meno che non si fermi alla mera immagine) un messaggio che possa in qualche modo riguardarlo da vicino. C'è una componente voyeristica nei termini della contemplazione del messaggio non del soggetto ritratto in sé.

(D) La musica rock per te è la colonna sonora del tuo modo di essere. Al Vintage Zone nel corso della mostra c'erano tre ottimi musicisti. Il tuo rapporto con la musica e con le immagini quanto conta e cosa rappresenta oggi?
(R) Molte delle foto che ho portato in vernissage hanno il nome di canzoni o addirittura di album come quella che mi ritrae nella mia stanza cui ho dato il nome di Morrison Hotel. Credo che ogni istante (e istantanea) abbia il diritto di una degna colonna sonora.
Sottoscrivo tutto quello che hai appena detto, chissà come mai.
(D) Un’ultima domanda d’obbligo. Quali sono i progetti a cui stai attualmente partecipando e quali i progetti futuri che vorresti realizzare.
Ho avuto diverse proposte, alcune decenti, altre un po’ meno. Di sicuro mi sono ritrovata ad essere attrice senza sapere di esserne in grado. A Dicembre la prima (e spero non ultima) di Floralia, un film di Graziano Misuraca. Probabili anche collaborazioni musicali e teatrali.Poi ovviamente la "pace nel mondo" e avere una famiglia...possibilmente dislocata.

Considerazioni finali

Simona Silipo è un personaggio fuori da ogni schema e da ogni scrivania, anche se sarebbe il sogno di molti vederla sbucare da sotto. Si tratta senza dubbio di una personalità complessa e di spessore, prima di tutto umano, per quella che sotto certi aspetti potrebbe essere la Marina Abramovic dell’alto Ionio cosentino. Una personalità che nel territorio locale abbellisce e accresce con il suo intuito e la vitalità quello che è un centro culturale, pulsante e romantico dell’estremo sud. Vedere per credere, e soprattutto svelare per vedere. Questo è molto altro si nasconde dietro Simona Silipo.

Dario Greco (l’intervistatore)

Sono un blogger professionista, una mente creativa che si muove con libertà espressiva nel web. Performer, attore per caso, autore di monologhi, ma soprattutto ideatore di contenuti per i social network. Collaboro con 2bepop.net e con leoriginidelmale – il blog. Ho da poco realizzato con Roberto Gentili una fiaba illustrata dal titolo “La bambina dagli occhi pistacchio”. Da grande vorrei diventare una ballerina di fila.

(redazione cafè europa)



lunedì 26 maggio 2014

Biafora investe nel cinema made in Sila

Biafora investe nel cinema made in Sila

Produttori di una buona Calabria

L'hotel Biafora è una struttura alberghiera di San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, immersa nel verde della Sila. In questo luogo di montagna, incantevole e meraviglioso, la famiglia Biafora opera nel settore alberghiero e della ristorazione d'alta classe - con il suo chef d'eccezione Antonio Biafora - da molti anni. La loro mission è sempre stata quella di valorizzare il territorio che li circonda, questo già lo si deduce dal payoff  che identifica il brand: "Il gusto è natura".

La loro idea d'imprenditoria si basa sulla valorizzazione della natura, e del gusto che ne è parte. Questo non significa essere campanilisti, significa essere realisti e credere nelle potenzialità che il proprio territorio offre. Ed è proprio per questo che Biafora si fa promotore di un'iniziativa particolare, che ha come scopo quella di promuovere il territorio calabrese ed in particolare l'altopiano silano, ovvero l'essere produttori di un cortometraggio ambientato interamente in Sila. Si tratta del film "L'imbarcadero" del duo Marco Caputo e Davide Imbrogno.

Il cortometraggio ha un cast d'eccezione, con nomi noti, quali quello di Tony Sperandeo - vincitore del David di Donatello come "Migliore attore non protagonista"; Hugo Race - noto cantautore e membro del gruppo di Nick Cave; Annamaria Malipiero - volto della tv italiana "Centovetrine", "Vivere". Il corto narra la storia di Mark, un  quarantenne australiano in viaggio.  Lo troviamo solitario, a compiere il suo viaggio nelle montagne della Sila. Deve andare al di là del Grande Lago, al centro della montagna, sa di dover incontrare qualcuno e consegnargli qualcosa. Ad attendere Mark, oltre le rive del lago, vi è Attilio, un uomo di oltre sessant'anni, che da molto tempo, attende l'arrivo dell'australiano. I due sentono il bisogno di rincontrarsi dopo molti anni, e di fare i conti con il proprio passato.


I monti della Sila sono lo scenario di questa storia, di questo viaggio. "L'imbarcadero" è un cortometraggio che ha l'intento di mettere in mostra un luogo unico, un territorio carico di bellezza. La famiglia Biafora, seguendo l'esempio di grandi brand, ha voluto investire nel lavoro di giovani artisti calabresi, credendo nella cultura e nel territorio. Il film verrà presentato al pubblico quest'estate, con lo scopo di essere proiettato in tutta Italia e anche all'estero e far conoscere la Sila.

(redazione café europa)





martedì 15 aprile 2014

Antonio Biafora: incontro con lo chef che desidera emozionare i suoi ospiti

Senza dubbio stiamo vivendo un momento di grande clamore mediatico per la cucina. L’interesse per questo settore, da sempre molto considerato e studiato nel nostro Paese, ha portato una nuova forma di comunicazione e di presentazione per uno stile di vita e un metodo di lavoro che da sempre caratterizza la nostra cultura e il nostro background di solide radici, tradizioni, contaminazioni e innovazioni.

La nouvelle cuisine ha codificato leggerezza,  tempi oculati di cottura, contrasto, freschezza, e cromaticità del piatto, modificando per sempre il modo di stare a tavole, di concepire il senso stesso di cucina, di tempi e di struttura.

Abbiamo oggi incontrato per voi lo chef calabrese Antonio Biafora,  che nel suo percorso professionale e di studio ha frequentato la scuola di cucina italiana Alma, seguendo grandi chef tra i quali Gaultiero Marchesi, uno dei più noti e importati chef internazionali, considerato il fondatore della "nuova cucina italiana".


Quello che sicuramente più colpisce dello chef Antonio Biafora è la professionalità che unita ad un’autentica passione e all’umiltà di chi vuole ancora crescere e stupirsi non lasciano certo indifferenti. Piatti unici concepiti con criterio, amore e correttezza nell’esecuzione. Con un’attenzione particolare alla stagionalità dei prodotti uniti al suo territorio di origine. C’è nella sua cucina un concetto e un’idea filosofica molto precisa e lineare, pur nella sua originalità: il ritorno alla tradizione, come strada da seguire per giungere ad un presente proiettato nel futuro.

Tra i tanti elementi gastronomici da lei utilizzati quali sono i criteri fondamentali per la scelta del piatto?

Di solito per la creazione di un piatto comincio sempre da un elemento essenziale per la sua creazione. Partendo da un solo elemento, vado ad inserire i vari ingredienti del caso che vanno ad arricchire e a dare corpo senza snaturarlo o modificarlo nella sua essenza concettuale. Parto dalle fondamenta del piatto per poi costruire la sua architettura come quando si iniziano i lavori di una casa.

Qual è uno chef o una scuola culinaria a cui si è ispirato maggiormente?

Ho studiato alla scuola Alma da Marchesi, ma senza dubbio il Maestro Rizzuti è quello che mi ha dato di più da un punto di vista concettuale, come pensare ad un piatto. Bracali da un punto di vista tecnico mi ha insegnato molto su come va presentato un piatto, cottura, ordine e precisione. Rizzuti mi ha insegnato a ragionare sul piatto, il perché e il percome. Ho miscelato queste due esperienze formative per creare una mia personale idea di cucina.

Cosa pensa debba trasmettere un piatto nel momento della sua creazione?

Cerco di trasmettere le mie emozioni e sensazioni, la mia passione per la cucina. L’impatto emotivo è importante in questo mestiere. Il mio obiettivo è catturare l’attenzione del cliente, riuscire a dare un’esperienza unica e importante. Capire l'emozione altrui non è semplice, bisogna immedesimarsi, è un fatto empatico che va stabilito subito, questo, forse è il segreto.

Per lei la cucina può assurgere al ruolo di opera d’arte o va comunque identificata come lavoro artigianale?

Penso che una vera opera d’arte debba resistere alla prova del tempo. Come un dipinto, come una musica. Far diventare la cucina arte non è semplice, dato che un piatto non può durare e rimanere nel tempo. 

Su questa risposta interrompo lo chef per esprimere un mio concetto personale, Antonio Biafora ha una visione dell’arte, della vita e del lavoro che è senza dubbio classica e rispettosa per le tradizioni, ma nel contempo ideale. Questo si percepisce dai suoi piatti e dalla filosofia che c’è dietro.

Penso che questa concezione di cuoco star, sia qualcosa di "modaiolo" e transitorio. La vera cucina resta, i personaggi vanno e vengono.

Cosa ne pensa di questo momento di interesse da parte dei media per la cucina? Pensa sia una cosa positiva o negativa per chi come lei è nel settore?

Purtroppo è diventata una questione di mero business, e spesso questa cosa danneggia la vera cucina. Masterchef ha rovinato il concetto di cucina, le persone da una parte si sono aperte alle innovazioni, ma dall’altra è una moda transitoria. Questo non va bene. La cucina ha delle basi importanti e solide. Prendiamo ad esempio uno chef famoso come Cracco, dietro la sua cucina c’è un background solido e una grande professionalità, eppure anche lui ha ceduto a questa spettacolarizzazione del format televisivo culinario. Eppure due anni fa quando la crisi nel settore era più che palpabile, anche Cracco stesso ha risentito di questo trend negativo.


Moda, trend e fenomeno mediatico non aiutano mai veramente un settore a crescere in modo corretto. Vero?

Le voglio raccontare un aneddoto. Mi sono recato da un fornitore di attrezzatura per cucina, qui in zona. Mi ha detto: Sai che da quando c’è masterchef  la vendita delle pinze da chef è raddoppiata. Ora, io prima della scorsa estate non avevo mai utilizzato le pinze. Adesso per fare lo chef tutti sentono il bisogno di avere le proprie pinze. Per me essere uno chef è invece determinato dalla tua idea, dal tuo concetto di cucina. Non è solo scena. Bisogna studiare e impegnarsi davvero per ottenere dei risultati in questo settore.

Questo incontro con lo chef Antonio Biafora avvenuta al Biafora Restaurant è stato caratterizzato da una grande accoglienza, dove eleganza e ospitalità sono le basi di un modo di vivere e di concepire la ristorazione. Davvero una serata interessante, ricca di spunti, di idee e di cucina di alta classe.

(Dario Greco)

Tofu, ecco un piatto salva vita

Il tofu non è come molti ancora sostengono uno stato africano, ma un piatto a basso contenuto di colesterolo e che sta rapidamente scalando le “eat parade” culinarie a livello planetario.

Di che cosa si tratta esattamente?

Il tofu è una pietanza indonesiana, tahu, prelibata e molto equilibrata per quanto riguarda i valori nutrizionali. Viene preparato attraverso un processo di lavorazione ottenuto dal latte di soia (cagliatura), cioè dal liquido estratto dai fagioli di soia, dalla consistenza simile a quella del nostro formaggio.

Si produce a partire dai semi di soia gialla lasciati a bagno per 12 ore e poi ridotti in pasta. Questa viene bollita o cotta a vapore e poi filtrata attraverso un telo. Il liquido che se ne ricava è il latte di soia, che viene fatto cagliare con l’aggiunta di solfato di calcio.
È un elemento versatile che permette una vasta gamma di preparazioni e di soluzioni d’uso.

Un esempio? Visto che siamo sotto Natale ve ne facciamo due. E di questi tempi essere generosi, non è da tutti (chiedere a Mr Scrooge o ad Elsa Fornero…)

La cubettata di tofu

I panetti di tofu possono essere tagliati a dadini. Per esaltare il sapore è preferibile prepararlo in anticipo: almeno due ore prima di metterlo in tavola si tagliano a cubetti uno o più panetti di tofu e si insaporiscono con qualche erba aromatica (rosmarino, origano, salvia) ma anche con del dado vegetale in polvere e si rimette il tutto a refrigerare. Poi si passa in padella per circa quattro minuti e si serve come secondo, accompagnandolo con verdure cotte o crude.

Insalata di pasta con tofu

Il tofu a dadini o sbriciolato e insaporito può essere utilizzato anche per la preparazione di alcuni piatti unici: un’insalata di pasta, condita con verdura e tofu è un piatto con un profilo nutrizionale completo perché ha i carboidrati della pasta, le proteine del tofu, i sali minerali e le vitamine della verdura, i grassi (sani) dell’olio extravergine di oliva. Al posto della pasta si possono utilizzare riso bianco o integrale, farro, orzo, cous cous e molti altri cereali.

La curiosità sul tofu

Non solo. Secondo una recente scoperta scientifica o parascientifica si tratta di una delle pietanze più afrodisiache al mondo, va quindi inserito alla solita lista che comprende tra le altre pietanze: ostriche, peperoncino, mandorle, avocado, coriandolo, cioccolato, guaranà, asparagi, banane e zenzero.